martedì, luglio 06, 2010

scrivere, tanto per tenersi occupato. la mattina è calda e passa lenta.
il dolce far niente si tramuta in una drastica ricerca di una distrazione, la mattina è calda e passa lenta, l'aria condizionata non rinfresca quanto dovrebbe.
secondo voi oggi pioverà? la porta si apre e si chiude decine e decine di volte. il campanello suona decine e decine di volte. il telefono squilla centinaia di volte. il campanello e il telefono si somigliano parecchio, il tutto è fastidiosamente amplificato.
lavorare in una casa editrice e non accorgersene.
proprio ieri pensavo: potrei scrivere un libro pure io. tanto poi chi si deve sbattere per portare in giro tra librerie ed edicole più o meno significanti sono io, quindi sarebbe anche abbastanza comodo distribuirsi.
penso a simone che gira l'italia come un matto a furia di reading per vendere la sua seconda opera. il campanello suona nuovamente. uno squillo, due, tre, nessuno si alza. io continuo a scrivere, fingendomi immerso in una azione talmente fondamentale da non poterne attendere la conclusione se non nel suo stesso istante in cui sarà conclusa. ora?
entra il capo. quel bastardo. una vita spesa in ufficio, tra il cellulare e la macchinetta del caffè, noncurante nonostante la certezza che, un giorno, caffeina e radiazioni si abbatteranno sul suo personaggio con ponderata e dilazionata furia.
ho sempre ammirato quei romanzi, quegli autori, in cui il flusso di coscienza riempie gli spazi vuoti nel bianco della pagina. penso a henry miller, a kerouac (non tutto in realtà, è abbastanza estremo il suo flusso!) e mi domando, come una volta potessero ricordarsi tutto e tutto scrivere contemporaneamente all'azione del pensiero stesso, già che faccio fatica io, in questo preciso istante, nonostante stia battendo lettera dopo lettera al computer.
è forse un problema di insufficienza di pensiero? entropia di pensiero? o è forse un problema tecnico-pratico di velocità d'azione comparata alla velocità di pensiero?
ma poi tutto questo, ha un significato?
sto leggendo cent'anni di solitudine, suona il telefono. qualcuno risponde prima che io possa solo pensare di smettere di scrivere, ormai imprigionato nel vortice della scrittura istantanea. è assoservizi, quelli che si occupano delle nostre paghe. hanno inviato una mail di sollecito. per cosa? per ricordare al capo che sarebbe ora di accreditarci lo stipendio di maggio, dato che siamo ormai alla prima settimana di luglio? forse. ma probabilmente no.
marquez scrive bene, benissimo. finalmente un libro che ho voglia di leggere, in pausa pranzo sdraiato in mutande sul divano in garage - un vecchio divano che avremmo dovuto buttare, ma che ora sosta di fronte ad un tavolino bianco di plastica, di quelli rotondi, nella parte fresca della casa, dove mio padre è solito riposare dalle 12,45 alle 13,15 prima di ripartire per la fabbrica, andiamo? sei pronta? eccomi!
rispondo. una tantum meglio farlo, non si sa mai. chiara si lamenta, a me mi cadono i maroni su questi resi.
daltronde, penso io, lavorare così alla cazzo di cane poi si pagano le conseguenze. non che sappia fare molto, intendiamoci, ma pretendere che, non una, due case editrici, pur piccole che siano, si affidino ad una persona sola per gestirne la distribuzione, mi sembra un pò ridicolo. va bene la crisi, va bene risparmiare che è sempre un bene, ma cazzo, io non sono mica ... vabbè, sorvoliamo. fatto sta che questo, oltre al campanello che suona nuovamente, mi hanno distratto dal mio intento di flusso.
ore 11,49. penso a sofia. la mia coinquilina scrittrice a londra. bei mesi, gran risate. quasi quasi potrei inviarle questo scritto.
così giusto per fare, forse si, ma anche no. vedremo. ad ogni modo, sofia che forse leggerai queste cose, ci si becca una di queste sere? dai, che se non ci si becca a forlì, non ci si becca più! perchè io sono pigro, irrimediabilmente pigro.
otto ore di lavoro al giorno, per sei giorni, per sempre. non sono mai stato un genio in matematica, ma il risultato del conto mi sembra abbastanza prossimo all'infinito. quattro ore, cinque sarebbero sufficienti. così si lavorerebbe meno tutti quanti, ma più persone potrebbero lavorare. non so, ma ho il vago presentimento di non essere l'unico ad aver pensato una cosa simile. no?
già fabio volo. altri? non so. la mia ignoranza ha dei limiti, lo sapete.
ore 11,54. 11,55. destino manipolato.
irene, vanessa, ilaria, barbara, chiara, federica. sono circodanto da donne in ufficio. passo più tempo con loro che con mia madre, che con la mia ragazza. donne. è sempre un piacere avere donne attorno, ma essere l'unico maschio (il capo, ovviamente, non conta) porta a sè un sacco di svantaggi. spostami quello, chiudimi la finestra che sono bassa e non c'arrivo. fammi un prillo, fanne un'altro, fai una giravolta, falla un'altra volta. guarda in su. guarda in giu. tuttigiuperterra.
11,58. fine.
ma anche no. ho deciso che continuerò a scrivere finchè non mi chiameranno, finchè il capo non urlerà dal suo ufficio. fammi un favore, mettimi un foglio di carta intestata nella stampante e prendi la laser che esce. ok. ecco. grazie. prego.
11,59. il tabacco acquistato l'altro giorno è forte, forse troppo. ma ho voglia di una sigaretta, e quasi quasi me la fumo. prima lo sfilaccio un pò con le dita, attento a non raccimolarne troppo altrimenti affonda nella gola come una grigia calda lama. giro la cartina per fare su a bandiera, così fumo meno carta anche se le garantiscono fatte di lino e canapa e fumandone 30 avrete consumato circa un grammo di carta. e io non capisco se è molto o poco.
12,04. campanello. gegraf. entrano un paio di occhiali a goccia specchiati. due minuti max. è divertente, simpatico. pur non conoscendolo mia ha, indirettamente introdotto lui in questo ufficio. non sono mai stato ai gorgoni. provvederò. perchè dicono che la vallata e i fiumi su da quelle parti siano frequentati dalla crem de la crem del panorama musicale romagnolo. si sono già fatte le 12,15. quarantacinque minuti e poi stacco. due ore e poi riattacco. stacco e riattacco. giorno dopo giorno, per sei giorni, per sempre. siamo più prossimi all'infinito che mai. un essere incompleto, perchè l'infinito è per definizione non completo. no? datemi un feedback, ne ho bisogno, una risposta, un cenno. niente. 12,18. esco a fumare. ciao max, alla prossima.

martedì, agosto 18, 2009

prossimi LiVE

GIOVEDì 20 AGOSTO @ AQUOLINA h. 22
(c/o Lavo Riviera, via Celli, Viserba - RN)
Mappa locale http://maps.google.it/maps?hl=it&rlz=1T4ADBF_itIT256IT256&q=acquolina.net&um=1&ie=UTF-8&sa=N&tab=il

VENERDì 21 AGOSTO @ ENOTECA BELFIORE h. 22
(via XX Settembre, 6 - Montefiore Conca - RN)


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lunedì, luglio 06, 2009

io non ho mani

è la memoria una distesa

di campi assopiti e i ricordi

in essa chiomati

di nebbia e di sole


io non ho mani

che mi accarezzino il volto

il cielo è troppo vasto e alto

perchè risuoni

di questi sospiri immaginari


io non ho mani

il mondo fuori tace

intorno a loro che se ne sono esclusi

silenziose carogne di rapaci


io non ho mani

sarà il tempo sempre breve

ed un passato ricco di giorni

caduti addosso

l'uno dopo l'altro


io non ho mani

e non chiedermi nulla

sorge dalla febbre elettrica

la solitudine

nella città invisibile


io non ho mani

e come puoi amarmi

se non vedo oltre la sponda dell'occhio

e piango solo dopo

essere morto

domenica, aprile 12, 2009

PREGNANCY - recensioni

(Mescalina)

La mia esperienza di fruitore consapevole di musica mi spinge, dopo aver terminato l’ascolto di Pregnancy, ad affermare che probabilmente ci troviamo al cospetto della più repentina e consistente crescita compositiva ed espressiva, nella storia della musica rock italiana, conseguita da parte di un gruppo ed occorsa tra la pubblicazione del primo e del secondo disco. A maggior ragione questa mia lapidaria affermazione prende corpo se si pensa che il Collettivo Ginsberg ha realizzato il debutto I Refuse To Give Up My Obession nello stesso anno (il 2008) di Pregnancy. Forse hanno ingurgitato steroidi anabolizzanti sotto false spoglie di note? Non credo, penso piuttosto che Cristian Fanti ed amici, dopo aver “rotto le acque” sonore ed essersi affacciati al mondo musicale, abbiano iniziato a sentire il fluire della musica che più li caratterizza proprio in quella fase, la più ricettiva e creativa della vita di una band, vale a dire quella della fanciullezza, la tanto mitizzata e nel contempo temuta seconda prova che, o ti proietta da qualche parte o il più delle volte ti uccide. Per nostra fortuna i ragazzi, frutto della beneamata e feconda terra di Romagna, hanno fatto il salto e, seppure l’album di debutto non fosse malvagio, aveva in se i brufoli dell’adolescenza musicale, con Pregnancy ci assestano un colpo al cuore ed uno allo stomaco, attraverso brani che farebbero la loro bella figura (complimentone!) negli album di Nick Cave “Maudì”, Tom Waits “The farm”, Doors “Woodstock Cypress”, Pink Floyd lo strumentale “The Wish” e la psichedelica “Yama”, Nick Drake “To The Womb”, citazioni che mi soccorrono per definire quale è l’afflato stilistico dei Collettivo. I testi, in lingua Inglese, sono profondi ed ispirati e tradiscono un generale malessere esistenziale e, manco a dirlo visto il nome della band, si rifanno a temi letterari cari alla beat generation, nel caso della stupenda elegia “I’m Waiting (tango nero)” son tratti da un poema di Lawrence Ferlinghetti. Fanti (voce e tastiere), Andy Rocchi (chitarre) Giovanni Pistocchi (batteria) e Christian Mastroianni (basso) mostrano di avere talento anche come strumentisti inoltre si fanno aiutare da un nutrito gruppo di musicisti e coriste che danno a tutto il lavoro uno spessore sonoro di grande impatto; una lode al Collettivo Ginsberg, anche alle nostre latitudini c’è un Vaso di Pandora (nel caso specifico la camera di Andy) che riesce a liberare musica di assoluto respiro internazionale, chissà mai che qualche distratto discografico se ne accorga, visto che i ragazzi si auto producono, come diceva il grande maestro “non è mai troppo tardi”. Pregnante.

(Saltinaria)
Nel secondo lavoro discografico del Collettivo Ginsberg c'è una maturità che lascia di sasso. “Pregnancy” è un titolo azzeccatissimo perché davvero i ragazzi sono gravidi di creatività e ispirazione. La voce di Fanti ha un potere evocativo notevole, sembra saperlo e si muove con sicurezza e padronanza tra la tristezza e la consapevolezza della stessa. Musicalmente cupi, sinistri, notturni, voltano il colore di chi ascolta in un marrone fangoso, calcando la propria impronta emotiva nella mente di chi ascolta. Poca speranza in quello che comunicano: il moog di Federico Visi lascia partire dei fischi che sanno di allarme, pericolo e “inizio della fine”. Un dolore apocalittico accompagna ogni nota, la loro è un'anima satura di cieli notturni in cui il sole è meno che un ricordo e la gioia, se non altro, fuori luogo. I testi, perfettamente in linea con il mood musicale, non lasciano spazio al sorriso o ad una rivincita, ma parlano, in un inglese forse delirante, di cani bianchi nati per essere affamati, di nuvole che nascondono il sole, di voci che svaniscono e crocifissioni di cristo che - forse - sono l'invenzione di qualche pescatore. Una serie di allusioni e rimandi impressionanti, che non voglio discutere o contestare ma che sento intensi ed efficaci, ipnotici e rivoluzionari. Le loro ballads sono come delle “bad lullabyes”, canti serali per far addormentare pensieri cattivi o, ormai, stanchi. C'è un'aura di fioritura al contrario ed una sensibilità che regala brividi sinceri. Unico momento di relax la bellissima “The wish”: poco più di due minuti di chitarre intrecciate in arpeggi da retrobottega e “slide”, per contro, di un gusto formidabile. Perduti e affascinanti. “Tossine” musicali a iosa.

sabato, gennaio 31, 2009

Ho visto nitidamente Dio
nel suo nulla prezioso
ed ho colto la mia occasione
inutile come spari al sole
inutile come spari al sole
l'inconsistenza delle parole

Ciondolante Cristo crivellato
blasfemo deriso clonato
nell'ego suo effimero eretico
nel giorno dopo di Dio
nel giorno dopo cantavano
perpetua pace è il petrolio

Ho visto anime lustre
divorare frutti e tramonto
un lungo e acceso silenzio
lume per gli occhi miei obliqui
brucia la campagna come i falò la sera
brucia la campagna come i falò la sera

Otto donne chiudono il cerchio
e sette teste di legno
e sette teste di moro
e sette teste di morto
pensate al buio dei prati
udite gemere i fiori
pensate all'odio nei secoli
udite gemere i preti

cF

anfratto arte assassino
bieco buonismo borghese
ciondolante Cristo crivellato
dopo di dio
effimero ego eretico
fratello frocio fiorente
genio giudicato giusto
haiku herpes hitleriano
israelita isterico ispiratore
lucro lucivago lontano
miscredente meritocratico meditare
nudo nero nulla
ombelico odio oviforme
petrolio pace perpetua
questo quindi quello
razionalistica ridicola rivoluzione
sesso schiavista secessione
tanto temuto tempo
urinata unta utopia
viscere vuote vaccinate
zigzag zoppo zitto

cF.

Ecco l'io che soffre e si compiange
il santo barbaro che spera
e si dispera e si critica
e s'approva, titano
e vittima, eretico
o piccolo profeta.

Insegna la città infinite paure
una folla, una strada, una stanza
che veste ogni cosa, mi han fatto tremare
un pensiero talvolta, spiato su un vito
di qualche antenato nostro
che, ben solo, insegnava
ai suoi tanto silenzio
silenzio che aveva un certo giorno
incontrato nel mondo.

Pensate al buio dei prati
dov'era bello far piangere le bambine.

martedì, gennaio 27, 2009

Pregnancy - recensione













collettivo Ginsberg
Pregnancy
(Il Vaso di Pandora Records, 2008)


(Ondarock, 27 gennaio 09)

E’ una profondissima passione per il blues a muovere, da sempre, il Collettivo Ginsberg alla ricerca di una vena artistica personale, di un territorio proprio in cui poter concretamente sperimentare, con il suono, che le emozioni non vanno solo custodite, ma anche donate agli altri. Di stanza tra Cesena e Forlì, il quartetto non fa mistero della sua passione per Nick Cave e Tom Waits, artisti la cui eco (soprattutto quella di Re Inchiostro – “Maudì”) non manca di farsi sentire lungo tutta questa loro seconda fatica, apprezzabile esempio di mal de vivre messo in musica che, nondimeno, nasconde più di una traccia di speranza, fino alla vivacità estemporanea (e del tutto fuori luogo!) di “The Farm”. Il buon Waits fa capolino, invece, in “Yama”, brano che, messi da parte gli umori crepuscolari e sonnambuli della prima sezione, si avventura, con buona devozione, in pieno territorio “Frank’s Wild Years”. Una sottile lamina di disperazione taglia in due la sommessa, quasi “religiosa” dissertazione di “I’m Waiting (Tango Nero)”, cui la fisarmonica dona quel tocco di polverosa malinconia che il cuore gradisce di gusto. Un pianoforte molto Paolo Conte porta, invece, su vivaci territori jazz la dimessa elegia di “Woodstock Cypress”, mentre clarinetto e violoncello donano quel tocco di magica atemporalità alla tenera ballata di “Child Eyes”. Un ascolto piacevole, consigliato soprattutto in queste giornate di pioggia che sembrano non finire mai.

giovedì, dicembre 18, 2008

PREGNANCY - out Now

PREGNANCY
Il Vaso di Pandora Records
rec @Studio SPUTNIK-Predappio FC - ott, nov 2008

Photobucket

1. Intro 2. Maudì 3. The Farm 4. Woodstock Cypress 5. Child Eyes 6. The Wish 7. Yama 8. I'm Waiting (Tango Nero) 9. To The Womb (White Dog From Hell)

°Federico Visi - chitarra elettrica & classica (9); chitarra elettrica, moog (2) °Bardh Jakova - fisarmonica (8) °Simone Rossi - clarinetto (5) °Maja Petrusevska - violoncello (5) °Giada Nanni - cori (4,8) °Consuelo Palotti - cori (4,8) °Ronnag Tingelstad - cori (9)


myspace.com/collettivoginsberg

martedì, maggio 06, 2008

Hai mai provato il desiderio irrefrenabile di rinnovarti? Sai che significa essere tormentati dalla voglia insaziabile di cambiare vita? So per esperienza che questa sensazione può essere cupa e opprimente. Ma vorrei dirti che può essere anche una grande fortuna. Paradossalmente, per trasformarla in un dono basta vederla come un dono. Perciò, Toro, il tuo compito sarà quello di considerare il tuo doloroso bisogno di cambiamento come una grande benedizione. Se lo farai, potrai compiere magie che non riesci neanche a immaginare.



oroscopo della settimana - Rob Brezny